Ho ritrovato alcune immagini di quei tempi col sapore della pellicola sgranata in bianco e nero. Spero siano un bel ricordo per chi ci si riconosce e per chi, comunque, le ha vissute nella sua personale realtà. Si possono vedere qui.
Prima che le sagre paesane le sostituissero, le feste di partito erano il sale della vita politica e sociale dell'Italia. Ognuno credeva ai propri ideali e a questi sacrificava tempo e competenze affinché si realizzassero. Eravamo tutti duri e puri, ma questa dimensione ludica paesana aggregava la comunità oltre il vissuto quotidiano. I contrasti politici erano superati in questi momenti di condivisione sociale in cui prevaleva lo spirito della festa che univa il momento culturale a quello del cibo e del gioco.
Ho ritrovato alcune immagini di quei tempi col sapore della pellicola sgranata in bianco e nero. Spero siano un bel ricordo per chi ci si riconosce e per chi, comunque, le ha vissute nella sua personale realtà. Si possono vedere qui.
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Rifacciamo un salto nel nostro passato analogico per proporvi un altro scatto che all'epoca mi intrigò molto nel pensarlo e nel realizzarlo.
La foto in bianco nero è realizzata con pellicola FP4 a 125 Asa, sviluppata in Ilfosol 1+29 per 9'. Poi, stampata su carta Ilford opaca baritata, è posta su un cartoncino bristol azzurro che simula il cielo, appoggiata a un filo con molletta rossi. Il tutto è fotografato con Kodak Ektachrome e la diapositiva è stampata in Cibachrome. Vi ripropongo lo scatto qualche decennio dopo la sua realizzazione. L'immagine rappresenta un tassello della memoria storica di una comunità vista attraverso l'occhio della macchina fotografica che cerca di superare la dimensione visiva per riproporne gli aspetti più sfuggenti e nascosti.
Il lavoro fa parte di una mia ricerca personale che si concluse con la pubblicazione di questo libro. La luce, il taglio e il contenuto sociale in un'epoca in cui i "partiti" davano ancora un carattere d'appartenenza, ne fecero un buon successo fotografico. Io trovo che Beppe, l'uomo ritratto nel suo ambiente quotidiano, ispiri un senso di serenità e tranquillità ancor oggi, in un'epoca in cui queste certezze sembrano venir meno. A Tredozio, paese della Romagna Toscana, si tiene ogni anno nel giorno di Pasqua il campionato nazionale dei mangiatori di uova sode.
Per la cronaca, apprendiamo dalla stampa che quest'anno si è riconfermato il campione in carica Fausto Ricci, trattorista tredoziese. Il Ricci però non è riuscito a battere il record, da lui stesso realizzato lo scorso anno di 22 uova ingurgitate in 3 minuti, ma si è fermato a 18. Tante sono bastate per confermarsi - comunque - il migliore, davanti al lughese Claudio Tolomelli, ancora una volta secondo con 17. Una gara appassionante combattuta fino all'ultimo tuorlo! La gara si svolge nell'ambito della sagra e palio dell'uovo nata negli anni Sessanta per ricordare l'antica battitura delle uova sode che si svolgeva nella vicina parrocchia di Ottignana. La battitura delle uova, «picén», si teneva anche nel vicino Comune di Portico e San Benedetto. Qui, però, non si battevano uova sode, ma fresche. L'ultimo uovo integro vinceva tutte le uova che era riuscito a rompere. Queste venivano poi utilizzate a casa per fare la sfoglia per tagliatelle e tortelli. Ma questa tradizione si ormai persa. Ecco un paio di immagini relative al campionato e alla battitura delle uova, scattate negli anni Settanta, mentre qui si possono vedere altre foto d'epoca relative a usanze e tradizioni locali. Ho scattato questa foto molti anni fa durante una "Festa popolare all'Acquacheta" che si svolgeva in estate nella Piana dei Romiti proprio sopra questa cascata posta sul confine dell'Appennino tosco-romagnolo, all'interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, e citata da Dante nel Canto XVI dell'Inferno (versi 94-105):
Come quel fiume c'ha proprio cammino prima dal Monte Viso 'nver' levante, da la sinistra costa d'Apennino, che si chiama Acquacheta suso, avante che si divalli giù nel basso letto, e a Forlì di quel nome è vacante, rimbomba là sovra San Benedetto de l'Alpe per cadere ad una scesa ove dovea per mille esser recetto; così, giù d'una ripa discoscesa, trovammo risonar quell' acqua tinta, sì che 'n poc' ora avria l'orecchia offesa. Negli anni '70, sotto la giunta comunale guidata dal sindaco Dino Valli, fu realizzato il sentiero attrezzato che porta alla cascata. Il Comune di Portico e San Benedetto, l'Ente Provinciale Turismo di Forlì e le Associazioni Pro Loco di Portico, Bocconi e San Benedetto produssero un opuscolo per valorizzare l'alta Valle dell'Acquacheta, al quale contribuii anch'io con le fotografie e le notizie storiche. In seguito hanno visto la luce tante altre pubblicazioni, ma questa ha il merito di essere stata la prima. La ripropongo oggi perché anche i più giovani possano conoscere l'evoluzione dei nostri posti per conservarne la memoria storica. Oggi ha inizio la primavera meteorologica: un passaggio che ricorda i cicli stagionali legati alla terra. Una volta, in queste notti, nelle campagne era tutto un brulicare di falò che i contadini accendevano per fare "lume" a marzo. Il fuoco illuminava la primavera e bruciava l'inverno: un rito propiziatorio carico di significati simbolici di cui oggi si è perso il senso.
In omaggio a questo mondo, propongo l'immagine della buca per le lettere. Una buca incassata nel muro dietro al quale s'immagina che ci sia l'ufficio postale che timbra e smista e il "portalettere" che distribuisce la posta due volte al giorno. Per renderla "parlante" ho aggiunto delle lettere con i "trasferibili Letraset". Ve li ricordate? Poi ho fatto un passaggio su pellicola fotomeccanica per aumentare il contrasto fra la parte superiore di muro tinteggiata e la parte inferiore intonacata a calce. Qui sotto ripropongo la scansione digitale. Proseguiamo il nostro viaggio nell'era della fotografia analogica.
L'idea che sta a monte di questa manipolazione parte dal presupposto di fare l'esatto contrario di ciò che stabiliscono le regole. Quando sviluppiamo il negativo stiamo sempre molto attenti a rispettare il giusto rapporto tempo/temperatura. Inoltre, i costruttori di pellicole adottano degli accorgimenti tecnici per evitare che queste risentano di eventuali sbalzi termici causati, anche involontariamente, dall'utilizzatore. Ripetiamo gli stessi scatti con due pellicole, in questo caso Ilford HP5 esposte a 400 ASA. Il soggetto è a piacere. Poi, riempiamo una pentola d'acqua e la portiamo all'ebollizione. Buttiamo un rotolino nell'acqua e lo lasciamo bollire per qualche minuto. Lo leviamo ancora bollente e lo mettiamo subito nel surgelatore dove dovrà restare diverse ore. Con questo sistema, si può stare certi che riusciamo a rompere il supporto della pellicola, alla faccia delle tante cautele usate dai costruttori. Il problema è che non sappiamo quale sarà il risultato perché il nostro è un tentativo al buio. Questo è il motivo per cui ci teniamo un rotolino di riserva. Sviluppiamo i due rotolini correttamente. Io ho usato Gradual diluito 1+9 per 12' a 20°C, preferendolo ad altri sviluppi perché rende la grana secca e ben definita, che mi sembra adatta all'esperimento. E qui cominciano le meraviglie perché il rotolino che ha subìto lo stress termico, messo sotto l'ingranditore, mostra dei ghirigori generati dal ghiaccio che quello normale non ha. Si tratta ora di scegliere il fotogramma che più ci piace. Io, in un momento di creatività compulsiva ho deciso di strafare inserendo nell'immagine anche delle ali, realizzate con delle maschere di carta e un'ulteriore esposizione in camera oscura. Ognuno può fare le varianti che crede e, ogni volta, l'esito sarà sempre diverso. E qui sta il bello del divertimento. Poi, ci si può anche sbizzarrire nel dare al risultato le chiavi di lettura più eclettiche e fantasiose. Stiamo certi che ci sarà sempre qualcuno che ne darà un'interpretazione diversa. Come al solito, ho scannerizzato il fotogramma e questo è il risultato. Inizio anch'io il mio blog per lasciare traccia di riflessioni e pensieri affinché non si perdano nel tempo.
Per cominciare propongo uno scatto che, allora, comportò una manualità di realizzazione dal sapore artigiano. L'altro ieri Fotografai le mani del bimbo con pellicola FP4 tirata a 200 Asa. Sviluppo Acutol 1+15 a 20°C per 9'. Stampa su carta Ilford baritata, ingranditore IFF Quodgon e obiettivo Rodenstock Rodagon 50 mm. Poi ripresi le mani della mamma che tengono la foto delle mani del bimbo con diapositiva Kodak Ektacrome 100 Asa. Oggi Scannerizzo la dia con scanner Reflecta RPS 7200. Un'immagine rinata a nuova vita con l'odierna tecnologia. Ecco il risultato. Che ne pensate? |
AuthorPiero Farolfi Archives
Novembre 2019
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